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PREMESSA

Al giorno d’oggi, con l’uso intensivo dei social network, capita sempre più spesso di trovarsi impelagati in discussioni a distanza con soggetti  sconosciuti, i quali, sentendosi protetti da queste “distanze” telematiche si abbandonano a commenti spesso violenti e denigratori nei confronti di un dato soggetto, i famosi “leoni da tastiera” che tutti conosciamo.

Ma in queste circostanze, quando un commento verso una persona può costituire reato?

Cominciamo col dire che i reati connessi a discorsi aggressivi o diffamanti verso un soggetto possono essere vari, dal reato di minaccia a quello di atti persecutori (il c.d. stalking), ma l’ipotesi sicuramente più diffusa è quella del reato di diffamazione.

Ai sensi dell’art.595 c.p. si ha diffamazione quando un soggetto comunicando con più persone offende l’altrui reputazione.

Più precisamente, perché si abbia diffamazione è necessario che :

  1. La comunicazione lesiva avvenga con più persone ed in assenza della vittima.
  2. La comunicazione sia lesiva dell’altrui reputazione;

Analizziamo questi due elementi costitutivi

LA COMUNICAZIONE CON UNA PLURALITA’ DI PERSONE IN ASSENZA DELLA VITTIMA

Il primo profilo , distingue la diffamazione ( che è un reato) dall’ingiuria che invece è un illecito civile con sanzioni esclusivamente civili, prevalentemente sul piano risarcitorio.

E’ un aspetto fondamentale perché, nei social, assistiamo ad una comunicazione tra più persone, con la presenza simultanea di vittima e carnefice e quindi si potrebbe pensare che un offesa su facebook o in una chat whatsapp integri sempre l’ipotesi dell’ingiuria e non della diffamazione, ma la realtà è più complessa di così.

Infatti, si ha ingiuria se la vittima ha una conoscenza immediata del messaggio, ma , se ne ha conoscenza in un momento successivo, come spesso avviene, il reato è quello di diffamazione.

Sul punto, con sentenza n. 27540/2023, la S.C. di Cassazione, Sezione V Penale, ha affermato che “nel caso di invio di espressioni offensive a una chat di gruppo si configura l’ingiuria quando vi sia contestualità fra comunicazione dell’offesa e recepimento della stessa da parte dell’offeso: in difetto di contestualità, si configura la diffamazione”.

LA COMUNICAZIONE LESIVA DELL’ ALTRUI REPUTAZIONE

Secondo l’orientamento giurisprudenziale più consolidato, per reputazione si intende quel patrimonio di stima, di fiducia, di credito accumulato dal singolo nella società e, in particolare, nell’ambiente in cui quotidianamente vive ed opera.(Da ultimo Cass.14402/24)

Detto ciò, affinchè si configuri il reato, è necessario che la comunicazione sia oggettivamente idonea a ledere la reputazione del soggetto passivo.

Pertanto, la portata diffamatoria di una comunicazione non va valutata in relazione alla percezione del soggetto passivo ed alla sua “suscettibilità”, ma bisogna tenere conto di quanto la stessa leda oggettivamente la sua reputazione come sopra intesa.

Tuttavia, in presenza di date circostanze, la comunicazione seppur oggettivamente lesiva della reputazione, non costituisce reato, e sono i casi di esercizio dei seguenti diritti:

Diritto di cronaca

Secondo la Giurisprudenza (Cass. 27969/22 del 19.07.2022), nell’era dei social network tale diritto compete a tutti e non solo ai giornalisti.

Però, affinchè sussista tale scriminante, è necessario che:

  1. I fatti narrati corrispondano alla verità della notizia quale risulta al momento della diffusione(verità).
  2. I fatti devono essere esposti quel tanto che basta a che sia esposta la notizia (continenza)
  3. I fatti narrati devono rivestire un interesse per l’opinione pubblica (pertinenza).
  4. I fatti narrati devono essere attuali, se la notizia è vecchia e non riveste più importanza per l’opinione pubblica,non può utilizzarsi questa SCRIMINANTE.

Diritto di critica

Consiste nel dissentire dalle opinioni espresse da altri, sottoponendo a critica le altrui tesi, affermazioni e condotte, sempre con fatti veri,continenti e pertinenti, senza sfociare nell’aggressione gratuita ed immotivata dell’altrui reputazione.

COME TUTELARSI

La diffamazione effettuata online, è pacificamente considerata diffamazione aggravata ex art.595 cp commi 2,3 e 4. Reato di competenza del Tribunale in composizione monocratica.

Entro tre mesi dall’evento diffamatorio, è possibile sporgere querela per diffamazione.

In tal senso, i termini decorrono dalla pubblicazione del messaggio diffamatorio, salvo la persona offesa non provi di averne avuto percezione in un momento successivo.

Secondo la giurisprudenza dominante, Il giudice competente va individuato con criterio del luogo del domicilio dell’imputato( Corte di Cassazione, Sezione V, con la sentenza del 12 gennaio 2021 n. 854)

Incardinato il procedimento penale , ci si potrà costituire parte  civile e chiedere, a seconda dei casi:

  1. Rettifica
  2. Risarcimento del danno
  3. Sequestro pagina web

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