
L’art. 4, comma 7, del ‘Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti’, adottato con Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 16 novembre 2004, prevede che le società di informazioni creditizie (c.d. SIC) “al verificarsi di ritardi nei pagamenti” debbano preavvisare l’interessato, anche unitamente all’invio di solleciti o di altre comunicazioni, “circa l’imminente registrazione dei dati in uno o più sistemi di informazioni creditizie“.
La ratio della disposizione è di rendere edotti gli interessati delle conseguenze di un perdurante inadempimento, dando così loro la possibilità di sanarlo prima di procedere all’effettiva iscrizione dei nominativi nei ‘Sic’.
In tema di pronunce dell’ABF, si riporta la Decisione N. 1395 del 16 febbraio 2016 del Collegio di Napoli che ribadisce che tra i requisiti di legittimità per l’iscrizione di un nominativo in S.I.C. vi sia:
“ il rispetto delle garanzie procedurali che impongono al segnalante di preavvisare il segnalando dell’imminenza della comunicazione in caso di protratta insolvenza (cfr. Collegio di Coordinamento ABF, decisione n. 3089/2012).”.
Per quanto concerne la segnalazione a sofferenza di un soggetto in Centrali Rischi della Banca d’Italia deve essere preceduta dalla comunicazione di preavviso, il cui onere di avvenuta effettuazione grava sul segnalante.
L’obbligo di preavviso della segnalazione delle posizioni a sofferenza nella CR della Banca d’Italia si rinviene dalle previsioni di cui al capitolo 2, sezione II, paragrafo 1.5 della circolare 139/1991, la quale prevede che “gli intermediari devono informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati (garanti, soci illimitatamente responsabili) la prima volta che lo segnalano a sofferenza”, pur se “tale obbligo non configura in alcun modo una richiesta di consenso all’interessato per il trattamento dei suoi dati” :
1.5. Sofferenze Nella categoria di censimento sofferenze va ricondotta l’intera esposizione per cassa nei confronti di soggetti in stato di insolvenza, anche non accertato giudizialmente, o in situazioni sostanzialmente equiparabili, indipendentemente dalle eventuali previsioni di perdita formulate dall’intermediario. Si prescinde, pertanto, dall’esistenza di eventuali garanzie (reali o personali) poste a presidio dei crediti. Sono escluse le posizioni la cui situazione di anomalia sia riconducibile a profili attinenti al rischio Paese. L’appostazione a sofferenza implica una valutazione da parte dell’intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente e non può originare automaticamente al verificarsi di singoli specifici eventi quali, ad esempio, uno o più ritardi nel pagamento del debito o la contestazione del credito da parte del debitore. Costituiscono un’eccezione al principio dell’attrazione di tutti i crediti per cassa nella categoria delle “sofferenze” le posizioni di rischio che confluiscono nella categoria di censimento “finanziamenti a procedura concorsuale e altri finanziamenti particolari”. Gli importi relativi ai crediti in sofferenza vanno segnalati nella sola classe di dati “utilizzato”. Indipendentemente dalle modalità di contabilizzazione adottate dagli intermediari, i crediti in sofferenza devono essere segnalati per un ammontare pari agli importi erogati inizialmente, al netto di eventuali rimborsi e al lordo delle svalutazioni e dei passaggi a perdita eventualmente deliberati. Detto ammontare è comprensivo del capitale, degli interessi contabilizzati e delle spese sostenute per il recupero dei crediti, se capitalizzate. Tale criterio deve essere seguito anche dall’intermediario che si è reso cessionario di crediti in sofferenza. La segnalazione in sofferenza di una cointestazione presuppone che tutti i cointestatari versino in stato di insolvenza. Gli intermediari devono informare per iscritto il cliente e gli eventuali coobbligati (garanti, soci illimitatamente responsabili) la prima volta che lo segnalano a sofferenza. L’informativa, resa per iscritto, è finalizzata a comunicare al cliente la decisione dell’intermediario di classificare “negativamente” la posizione debitoria e non può essere utilizzata quale strumento di pressione psicologica per indurre il cliente al pagamento, né come azione ritorsiva. L’invio della comunicazione sulla classificazione negativa non può essere strumentale alla più agevole riscossione del credito da parte dell’intermediario, né può essere utilizzata per sollecitare il cliente ad adempiere ai suoi obblighi. La segnalazione di una posizione di rischio tra le sofferenze non è più dovuta quando viene a cessare lo stato di insolvenza o la situazione ad esso equiparabile. Il pagamento del debito e/o la cessazione dello stato di insolvenza o della situazione ad esso equiparabile non comportano la cancellazione delle segnalazioni a sofferenza relative alle rilevazioni pregresse. La segnalazione a sofferenza non è alternativa alla valorizzazione del credito come contestato.”.
L’informativa obbligatoria non può che essere intesa come preventiva, tanto è vero che la disposizione chiarisce che essa non possa essere configurata quale richiesta di consenso, essendo piuttosto finalizzata a consentire al cliente di approntare i possibili rimedi, in vista del rientro dalla propria obbligazione.
La predetta comunicazione è prevista indipendentemente dalla natura giuridica del soggetto da segnalare, come stabilito dalla circolare 139/1991 alla sezione I (la cui rubrica è significativamente intitolata “Principi Generali”) par. 1 secondo cui “L’obbligo di segnalare alla Banca d’Italia le suddette informazioni sussiste indipendentemente dalle caratteristiche del soggetto affidato”, non venendo pertanto in rilievo il fatto che il soggetto segnalato sia o meno un consumatore.
A tal proposito, si riporta la decisione dell’ABF , collegio di Roma, n.2422 del 9/3/2017 la quale inquadra la portata di tale obbligo di preavviso e di come lo stesso prescinda dalla natura sia del soggetto segnalato che dal tipo di finanziamento sotteso:
“ La soluzione accorda la “tutela” del preavviso a tutte le persone fisiche a prescindere dalla natura del rapporto creditizio oggetto di segnalazione, basandosi sulla considerazione delle esigenze protettive dei debitori segnalandi, con particolare riferimento al loro livello di educazione finanziaria.
…….
La tutela del preavviso, dunque, viene accordata, nella ricostruzione del Collegio di coordinamento, in ragione della generalizzata condizione di (semi-)analfabetismo finanziario in cui versa il cliente medio e dell’esigenza di colmare il gap informativo rispetto alle regole di un mercato caratterizzato da un elevato tasso di opacità, complessità e rischiosità.”.
Né può sostenersi che, dalla lettura del combinato disposto degli artt. 122 e 125 TUB, l’obbligo di preventiva informazione sarebbe da escludersi per i finanziamenti nei quali non è previsto il pagamento di interessi e altri oneri, è chiaramente una forzatura della ratio della norma.
L’art. 122 TUB chiarisce che la normativa del relativo capo non si applica ai finanziamenti senza interessi e altri oneri, ma è fuori di dubbio che la normativa a cui fa riferimento è quella concernente le tutele relative alla pubblicità e agli obblighi precontrattuali riferiti alla quantificazione degli stessi, in quanto in questa tipologia di finanziamenti non ce ne sono di interessi!
Per contro, la normativa recante l’obbligo di preventiva informazione del cliente prima della segnalazione, avendo la funzione di rendere edotti gli interessati delle conseguenze di un perdurante inadempimento, si applica a qualsiasi tipo di finanziamento, altrimenti, a parità di conseguenze negative, si configurerebbe una illecita disparità di trattamento violativa dell’art. 3 della Costituzione.
Daltra parte, è lo stesso TUB, all’art. 121 che definisce “contratto di credito” il contratto con cui un finanziatore concede o si impegna a concedere a un consumatore un credito sotto forma di dilazione di pagamento, di prestito o di altra facilitazione finanziaria;
Inoltre, è pacifico che l’avviso abbia natura recettizia.
Secondo la Cassazione n. 14685/2017: “l’atto di “avvertimento con preavviso” ovvero di “avviso” – di cui [l’] art. 4, comma 7, fa onere all’intermediario – integra una dichiarazione recettizia, in quanto specificamente diretta alla persona dell’interessato e intesa a manifestare la decisione dell’intermediario medesimo di provvedere alla classificazione di “cattivo debitore” del destinatario interessato, con tutti gli effetti che ne conseguono, nel perdurante difetto di regolarizzazione della propria posizione da parte di quest’ultimo entro il periodo di preavviso. In quanto “dichiarazione a determinata persona”, quella prescritta dalla norma dell’art. 4, comma 7, risulta soggetta alle prescrizioni generali di cui agli artt. 1334 e 1335 c.c. Perciò, l’efficacia della dichiarazione di “avviso” si produce quando la stessa giunge a conoscenza del destinatario interessato, con la presunzione relativa che la conoscenza si abbia nel momento in cui la dichiarazione raggiunge l’indirizzo del destinatario
Il Garante Privacy, con Provvedimento n. 438 del 26 ottobre 2017, in adesione al predetto indirizzo, ha stabilito che “al fine di rispondere alla ratio della norma, sia imprescindibile considerare il preavviso di imminente segnalazione un atto recettizio ai sensi degli artt. 1334 e 1335 c.c., con la conseguenza che, per la legittimità della segnalazione nei “Sic”, i titolari del trattamento (cioè gli operatori bancari e finanziari) debbano essere in grado di dimostrare l’effettiva ricezione della comunicazione scritta contenente il preavviso”.
Premesso ciò, gli obblighi delle Banche non si esauriscono nell’invio dell’avviso.
L’istituto bancario deve attentamente procedere all’istruttoria per l’accertamento della posizione di sofferenza con la diligenza di cui all’art. 1176, comma secondo, c.c., anche in considerazione del fatto che attiva tale istruttoria unilateralmente, senza contraddittorio con la parte interessata.
La condizione di insolvenza del cliente va intesa non nell’accezione recepita dall’art. 5 della legge fallimentare, bensì come situazione di difficoltà economica che rende verosimile, ma non necessariamente attuale o già attuato, il recupero coattivo, senza escludere le possibilità di rientro o ristrutturazione del debito.
È dunque illegittima la segnalazione a sofferenza quando la banca non dimostri di aver effettuato un’istruttoria con riferimento a tutti gli indici (liquidità del soggetto, la sua capacità produttiva e reddituale, la situazione di mercato in cui opera, l’ammontare complessivo del credito, la sussistenza di procedure esecutive, di protesti o decreti ingiuntivi), limitandosi, in una sorta di automatismo che certamente contraddice la ratio delle istruzioni richiamate, a verificare solo l’inadempimento del cliente che motivava il mancato pagamento del debito contestandone l’esistenza e la quantificazione.
Alla mancanza di istruttoria non può supplirsi con una valutazione effettuata ex post fondata essenzialmente su fatti successivi a conferma della correttezza della segnalazione già avvenuta (ex ante).
Avv. Fortunato Capellupo