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Amministrare un condominio, è un’attività molto articolata e non esente da rischi, anche di natura penale.

In questo contributo , esamineremo i principali reati che l’Amministratore di condominio corre il rischio di commettere nell’esercizio del suo mandato.

Appropriazione indebita

Ai sensi dell’art.646 c.p., commette tale reato chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto si appropria del denaro o della cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso.

L’ipotesi più lineare è quella in cui l’amministratore si impossessa di somme presenti sul conto corrente condominiale creando un ammanco di cassa , in tali casi il reato è lapalissiano, anche se l’amministratore sostiene di aver trattenuto le somme a compensazione di propri crediti che, ovviamente, non siano certi, liquidi ed esigibili.

Tuttavia, tale reato si considera compiuto anche quando l’amministratore non crei ammanchi di cassa.

Esempi tipici sono il temporaneo spostamento di somme sul proprio conto corrente o su quello di altri condominii amministrati.

In questi casi, anche se le somme sono restituite, si configura ugualmente il reato.

Altra ipotesi di appropriazione indebita, molto diffusa, è quella della mancata restituzione della documentazione condominiale in caso di avvicendamento degli amministratori.

In tutti questi casi il reato è perseguibile a querela del singolo condomino o gruppo di condomini (Cass. 5622/2023).

Per quanto riguarda l’eventuale querela proposta dal nuovo amministratore subentrato, secondo l’orientamento più risalente sarebbe necessaria un’apposita delibera all’unanimità di tutti i condomini.

Tuttavia, con la recente sentenza n. 33813/2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che non occorre l’autorizzazione dell’assemblea, affinché l’amministratore possa presentare querela e agire in giudizio per tutelare il patrimonio comune.

Diffamazione

Ai sensi dell’art. 595 c.p. si ha diffamazione quando un soggetto, comunicando con più persone, leda l’altrui reputazione.

L’amministratore di condominio, nell’esercizio del suo mandato, può talvolta compiere degli atti che integrano il reato sopra menzionato, ad esempio :

  1. Affiggere la lista dei condomini morosi in luoghi accessibili anche da soggetti non facenti parte del condominio (Cass.39986/14) ;
  2. Inviare una comunicazione a tutti i condomini riportando le frasi asseritamente ingiuriose di un condomino verso altri condomini (Cass.44387/15) ;

Violazione di domicilio

L’art. 614 c.p. punisce chiunque s’introduce nell’abitazione  altrui, o in un altro luogo di privata dimora, o nelle appartenenze di essi, contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, ovvero vi s’introduce clandestinamente o con l’inganno.

L’Amministratore di condominio non ha alcun potere di entrare in zone di proprietà esclusiva.

Ne deriva che, quando vi sia la necessità di accedere a luoghi di proprietà esclusiva, in assenza del consenso del proprietario,  l’amministratore deve ricorrere all’autorità giudiziaria ed in casi eccezionali ,quando vi sia in ballo la pubblica sicurezza,  alla forza pubblica.

Si badi bene che il reato si configura non solo quando l’Amministratore acceda senza il consenso o di nascosto, ma anche quando, entrato legittimamente, vi si trattenga contro la volontà del condomino.

Infine, una recente sentenza, ha stabilito che si configura la violazione di domicilio anche quando si accede in uno spazio condominiale occupato abusivamente da un singolo condomino (Cass. Pen. 45485/23) quando questo spazio si configuri come effettivo domicilio dell’occupante.

Esercizio arbitrario delle proprie ragioni

Questo reato è previsto dall’art. 392 c.p. e punisce chi al fine di esercitare un preteso diritto, pur potendo ricorrere al giudice, si fa arbitrariamente ragione da sé medesimo, mediante violenza sulle cose.

In ambito condominiale, una importante applicazione di tale fattispecie penale si rinviene nel distacco dalle utenze del condomino moroso.

Infatti, la legge autorizza l’amministratore a sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato, purché la mora nel pagamento dei contributi si sia protratta per almeno un semestre (art. 63 disp. Att. c.c.).

Tuttavia, anche in questo caso, qualora si tratti di servizi essenziali (acqua, riscaldamento) secondo la giurisprudenza sarebbe necessaria l’autorizzazione del giudice, per non incappare nel reato di cui sopra (Cass. Penale 47276/15).

Altra ipotesi potrebbe essere quella della rimozione, anche autorizzata dall’assemblea, di un manufatto illegittimamente realizzato da un singolo condomino o terzo, anche in questo caso sarebbe necessaria la previa autorizzazione giudiziaria per non incorrere nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni.

Omissione di lavori in edifici o costruzioni che minacciano rovina

L’art.677 c.p. stabilisce che:

“Il proprietario di un edificio o di una costruzione che minacci rovina ovvero chi è per lui obbligato alla conservazione o alla vigilanza dell’edificio o della costruzione, il quale omette di provvedere ai lavori necessari per rimuovere il pericolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 154 euro a 929 euro [2053 c.c.].

La stessa sanzione si applica a chi, avendone l’obbligo, omette di rimuovere il pericolo cagionato dall’avvenuta rovina di un edificio o di una costruzione.

Se dai fatti preveduti dalle disposizioni precedenti deriva pericolo per le persone, la pena è dell’arresto fino a sei mesi o dell’ammenda non inferiore a 309 euro.”.

In virtù di tale norma, l’amministratore è obbligato ad attivarsi per rimuovere la situazione di pericolo.

Tuttavia, l’amministratore per andare esente da responsabilità dovrà solo intervenire per interdire,ove possibile , l’accesso o il transito delle persone (Cass. Pen. 50366/19) e convocare prontamente l’assemblea per l’adozione degli opportuni provvedimenti.

Qualora l’assemblea nulla deliberi in merito, la responsabilità ricadrà sui singoli condomini (Cass. Pen.8430/24).

Omicidio colposo e Lesioni personali colpose

Secondo la giurisprudenza (Corte Cass., sent. n. 10136 del 16 marzo 2021), l’amministratore di condominio risponde di omicidio colposo o di lesioni personali colpose per l’incidente sul lavoro occorso al dipendente della ditta appaltatrice, se egli è qualificabile come committente in forza dei poteri decisionali a lui attribuiti con delibera assembleare.

Più precisamente, l’amministratore di condominio che stipuli un contratto di appalto di lavori può assumere la posizione di garanzia propria del committente laddove sia stato investito, con delibera assembleare, di autonomia di azione e concreti poteri decisionali.

Nella pratica, si verifica più spesso che, in occasione di lavori in condominio, l’amministratore sia nominato Responsabile dei Lavori.

Assumendo tale ruolo, l’amministratore diviene il responsabile della sicurezza sui luoghi di lavoro ed in caso di incidente può rispondere, eventualmente in concorso con altri soggetti, di omicidio colposo o lesioni personali colpose.

Oltre alle ipotesi riconducibili alla violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, l’amministratore di condominio potrebbe rispondere di lesioni personali colpose ogni volta che egli viene meno all’obbligo di custodia delle cose comuni, ai sensi dell’art. 2051 c.c. in combinato disposto con l’obbligo di vigilanza che sullo stesso incombe ex art. 1130 c.c.

In tal senso, per evitare responsabilità l’amministratore deve intervenire in via d’urgenza, senza attendere le deliberazioni dell’assemblea.

Sul punto è illuminante la seguente pronuncia:

(Cass. pen., 6 settembre 2012, n. 34147) «non può mettersi in discussione che l’amministratore del condominio rivesta una specifica posizione di garanzia, su di lui gravando l’obbligo ex art. 40 cpv. cod. pen. di attivarsi al fine dl rimuovere, nel caso di specie, la situazione di pericolo per l’incolumità del terzi, integrata dagli accertati avvallamenti/sconnessioni della pavimentazione in prossimità del tombino predisposto ai fini dell’esercizio di fatto della servitù di scolo delle acque meteoriche a vantaggio del condominio, ciò costituendo una vera e propria insidia o trabocchetto, fonte di pericolo per i passanti ed inevitabile con l’impiego della normale diligenza (cfr. Sez. 3 n.4676 del 1975 rv.133249). Né l’obbligo di attivarsi onde eliminare la riferita situazione di pericolo doveva ritenersi subordinato, come erroneamente sostenuto dal ricorrente, alla preventiva deliberazione dell’assemblea condominiale ovvero ad apposita segnalazione di pericolo tale da indurre un intervento di urgenza. Il disposto dell’art.1130 n. 4 cod. civ. viene invero interpretato dalla giurisprudenza dí legittimità nel senso che sull’amministratore grava il dovere di attivarsi a tutela dei diritti inerenti le parti comuni dell’edificio, a prescindere da specifica autorizzazione dei condomini ed a prescindere che si versi nei caso di atti cautelativi ed urgenti (cfr. Sez. 4 n.3959 del 2009; Sez. 4 n.6757 del 1983). Dalla lettera dell’art. 1135, ultimo comma cod. civ. si evince peraltro a contrario che l’amministratore ha facoltà di provvedere alte opere di manutenzione straordinaria, in caso rivestano carattere di urgenza, dovendo in seguito informare l’assemblea».

Pertanto, l’amministratore deve fare di tutto per evitare che una potenziale situazione di pericolo possa recare danno ai condomini o a terzi in quanto, assumendo l’incarico, si obbliga ex lege a fare in modo che le parti comuni dell’edificio in condominio mantengano uno stato tale da non essere fonte di pericolo.

Quanto sopra, conferma la necessità che l’Amministratore sia un soggetto dotato di alta professionalità e comprovata esperienza.

Avv. Fortunato Capellupo

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